La truffa sentimentale

Quando il raggiro assume rilevanza penale.

di Debora Zagami

Tra i reati contro il patrimonio disciplinati nel nostro ordinamento, il delitto di truffa si caratterizza per il ruolo necessariamente attivo della vittima. Da qui la campagna pubblicitaria di Poste Italiane a tutela dei consumatori contro le truffe online che recita testualmente: “un truffatore non può fare nulla senza di te”.

Il diffondersi della tecnologia digitale ha comportato un aumento radicale delle occasioni per la cybercriminalità e contemporaneamente una maggiore difficoltà di individuazione e identificazione dell’autore del reato, ma il contatto personale (diretto o indiretto) rimane comunque un elemento centrale per il perfezionamento della fattispecie.

Il delitto di truffa può essere realizzato con un’unica condotta, ma solitamente di configura come un delitto a consumazione prolungata o a condotta frazionata ed è sempre costituito da quattro elementi: gli artifici o i raggiri posti in essere dall’autore del reato, l’induzione in errore della vittima, l’atto di disposizione della vittima e l’ingiusto profitto dell’autore del reato.

Si tratta di eventi inizialmente ideati dal soggetto attivo, che possono continuare a prodursi nel tempo.

L’elemento “raggiro” è generalmente alla base della c.d. truffa sentimentale o romantica, perpetrata quindi ai danni di un soggetto con il quale si è intessuta una relazione di natura sentimentale.

Ai fini della configurazione del truffa, la giurisprudenza si è più volte espressa sulla rilevanza penale della “menzogna”, intesa come un fatto attraverso il quale si crea una suggestione che tende a insinuare nella mente della persona offesa un erroneo convincimento su una situazione che non ha riscontro nella realtà.

In altre parole, l’autore del reato offre una narrazione alterata della realtà e la vittima si determina all’atto di disposizione patrimoniale proprio in ragione dell’erroneo convincimento ingenerato dalle menzogne raccontate, per cui gli atti compiuti integrano una sorta di “avvolgimento psichico” che è l’elemento costitutivo del delitto di truffa.

Se il profitto è conseguito mediante un bonifico bancario, il reato si consuma con l’accreditamento della somma di denaro sul conto corrente del destinatario.

Ne consegue che per individuare l’Autorità Giudiziaria territorialmente competente, occorre fare riferimento all’Istituto bancario del luogo in cui l’autore del reato ha aperto il conto corrente.

Quando il profitto è conseguito mediante accredito su carta di pagamento ricaricabile, il tempo e il luogo di consumazione del reato sono quelli in cui la persona offesa ha proceduto al versamento del denaro sulla carta prepagata.

Nel caso in cui anche soltanto uno degli eventi del reato di truffa (artifici e raggiri, l’induzione in errore, l’atto di disposizione, ingiusto profitto) si sia realizzato nel territorio dello Stato italiano, è competente il Giudice italiano dell’ultimo luogo in cui si è verificato uno dei suddetti eventi.

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