Perquisizione informatica del telefono cellulare

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Quali sono i diritti della persona sottoposta a perquisizione informatica?

Molto spesso nel corso delle operazioni di Polizia Giudiziaria viene richiesta la consegna del telefono cellulare e gli ufficiali di P.G. – di propria iniziativa – procedono alla c.d. perquisizione informatica, disciplinata dall’art. 352, comma 1-bis del codice di procedura penale (nella flagranza del reato, ovvero nei casi di cui al comma 2 quando sussistono i presupposti e le altre condizioni ivi previsti, gli ufficiali di polizia giudiziaria, adottando misure tecniche dirette ad assicurare la conservazione dei dati originali e ad impedirne l’alterazione, procedono altresì alla perquisizione di sistemi informatici o telematici, ancorché protetti da misure di sicurezza, quando hanno fondato motivo di ritenere che in questi si trovino occultati dati, informazioni, programmi informatici o tracce comunque pertinenti al reato che possono essere cancellati o dispersi).

La persona sottoposta a perquisizione è immediatamente informata della possibilità di farsi assistere da un difensore, purché prontamente reperibile. Nella prassi il difensore non assiste quasi mai a questo atto di indagine.

La persona sottoposta a perquisizione ha il diritto di non rispondere alle domande eventualmente poste dagli operatori di Polizia Giudiziaria. Il silenzio in tali situazioni è la migliore scelta difensiva e deve essere considerato come un vero e proprio diritto della persona sottoposta a perquisizione.

La persona sottoposta a perquisizione informatica ha il diritto di non fornire i codici di accesso al proprio telefono cellulare.

Questo passaggio è molto delicato, poiché attraverso l’accesso al telefono cellulare è  possibile arrivare ad altre piattaforme (cloud, social, cronologia di ricerca internet, cronologia maps, ecc.) immediatamente accessibili in quanto generalmente sincronizzate mediante applicativo presente sul device, con utente e password già memorizzati in modalità automatica.

Parimenti dicasi per quanto attiene ad eventuali codici di accesso che non dovessero essere memorizzati nel telefono: non vi è obbligo di fornire tali informazioni agli Organi Inquerenti. Nome utente e password del cloud o dei social utilizzati dovranno essere decriptati dai consulenti informatici del Pubblico Ministero o comunicati all’A.G. dai gestori dei relativi servizi.

A fronte del rifiuto legittimamente opposto dal titolare, la Polizia Giudiziaria non potrà svolgere la perquisizione informatica e dovrà procederà al sequestro probatorio del device. Sequestro che  comuquqe verrà disposto anche nel caso in cui vengano forniti i codici di accesso.

Gli operatori di P.G. redigeranno il verbale del sequestro che dovrà essere consegnato in copia alla persona alla quale le cose sono state sequestrate.

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